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Le risorse emotive nella scuola

di Giorgio Blandino

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di sé che parta proprio dalla considerazione della scelta professionale. Allora se si è d’accordo nel ritenere necessaria - per tutti i motivi che abbiamo ripetutamente detto - l’acquisizione di capacità relazionali la sfida non è più dunque tra l’avere o il non avere una formazione psicoanalitica, ma tra l’avere o non avere una formazione adeguata. Se poi, nel vasto mare dei modelli psicologici, ce ne sono altri, oltre a quelli psicoanalitici, che riescono a lavorare altrettanto in profondità sulla sensibilità psicodinamica, ben vengano! L’importante è che gli insegnanti siano formati a riconoscere e gestire, non manipolatoriamente, le dimensioni emozionali e relazionali che accompagno l’apprendimento. A questo discorso aggancerei l'importante esplicitazione che "ognuno è giusto che faccia il suo mestiere" e quindi che è sbagliata l'idea di molti docenti di fare "tutto in casa" (vedi psicopedagogisti etc.). Non bisogna confondere l’acquisizione di una sensibilità psicodinamica, da parte dell’insegnante o del manager scolastico, con l’adozione di un atteggiamento psicologistico, quella specie di falso sé psicologico e psicoterapeutico di cui - bisogna dirlo - danno spesso prova molti psicologi oltre che molti operatori mal formati o falsamente formati in modo intellettualistico. Una formazione che faccia riferimento al modello/metodo psicoanalitico e psicodinamico non significa dunque, incrementare la fantasia che il compito dell’educatore che abbia sviluppato una percezione psicoanalitica, sia quello di distribuire “interpretazioni” a destra e a manca. Al proposito, ricorderei Bleger quando afferma che ogni interpretazione fuori dal contesto è un’aggressione o, come aggiunge Etchegoyen, una seduzione. Anche perché queste sono spesso delle difese dalle ansie persecutorie che colpiscono chi ha compiti formativi. In secondo luogo l’acquisizione di una sensibilità psicoanalitica non significa neppure, a mio parere, imparare a fare “diagnosi di personalità” più o meno adeguate o addirittura insensate. Anche questo atteggiamento può diventare sostanzialmente difensivo, trasformandosi in una razionalizzazione per liberarsi dall’angoscia dell’incontro con l’ignoto e per proteggersi dall’incontro con l’altro oggettivizzandolo. Nella scuola fortunatamente non è compito del docente