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L'inquadramento nosografico dei disturbi psicosomatici
di Nicola Lalli
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Non è un caso che è proprio nel campo della psicoterapia analitica che questa continuità è più evidente. Inoltre il non escludere aprioristicamente questa continuità può indurci a cercarne le cause; problema non secondario per una corretta comprensione della psicopatologia. Infatti possiamo pensare che a volte sintomi di tipo nevrotico che possono comparire all'esordio di un successivo sviluppo schizofrenico, potrebbero rappresentare una copertura difensiva iniziale rispetto ad un processo disgregativo dell'Io. Ma viceversa possiamo ipotizzare che esista il caso opposto: che nel corso di una psicoterapia si possa passare da strutture psicotiche a strutture nevrotiche.
Questo problema è centrale per comprendere la psicopatologia. Darne una soluzione aprioristica mi sembra quanto meno una rinuncia alla ricerca.
Ma torniamo al problema specifico dei disturbi cosiddetti "psicosomatici" per esaminare come vengono classificati (potremmo dire più esattamente, dispersi) nel DSM-IV.
Il DSM-IV eliminando il termine psicosomatico conia quello di somatoforme e crea una categoria a se stante: le "sindromi somatoformi" che comprendono:
I) Disturbo di somatizzazione
II) Disturbo somatoforme indifferenziato
III) Disturbo di conversione
IV) Disturbo algico
V) Ipocondria
VI) Disturbo di dismorfismo corporeo
VII) Disturbo somatoforme non altrimenti specificato.
«La caratteristica comune dei disturbi somatoformi è la presenza di sintomi fisici che fanno pensare ad una condizione medica generale, da cui il termine somatoforme, e che non sono giustificati da una condizione medica generale, dagli effetti diretti di una sostanza, o da un altro disturbo mentale (per es. il Disturbo di Panico)» (DSM-IV, 1994).
Il primo dato è che questa sindrome si costituisce per esclusione di altre patologie o di uso di sostanze: ma è evidente che ogni definizione per esclusione è sempre molto vaga.