Home - Articoli su Psicologia e Società

Plasticità cerebrale e funzioni cognitive

di Antonio Godino tratto da Psychofenia – vol. VI, n. 9, 2003

pag. 9 di 12
Il passaggio alla vecchiaia è segnato congiuntamente, da un punto di vista soggettivo, dalla perdita del sostegno da parte dei propri genitori (che sono giunti verso il termine della loro vita o diventano non più protettivi, ma semmai da proteggere e dipendenti) e dallo svanire ed esaurirsi della funzione protettiva e di sostegno/controllo verso i propri figli ( Rothstein , 1990 ) . Nelle famiglie operaie, dove la fase di preparazione alla autonomia sociale è generalmente più breve che nei ceti medi ed intellettuali, si può dire che lo status psico-relazionale di anziano (nel senso suddetto di non essere più un agente pieno del ruolo genitoriale) è piuttosto precoce ( Godino , 1984 ) . La stessa età cronologica (poniamo ,intorno ai 50-55 anni) che per un esercente una professione intellettuale si identifica ancora con una fase di crescita e ricca di futuro viene vissuta, per un lavoratore manuale i cui figli seguano il suo stesso percorso socio-lavorativo, come una fase tardo-adulta e l'inizio della vecchiaia. Nella realtà meridionale italiana assistiamo, peraltro, ad una variante di questo modello generale di bipartizione dell’invecchiamento soggettivo. Infatti esiste in questa realtà una divaricazione crescente fra il modello di inserimento sociale e lavorativo di genitori e figli, sia per evidenti difficoltà di un precoce inserimento lavorativo dei figli, sia per una crescente scolarizzazione che consente un movimento ascensionale di status nelle giovani generazioni. In questa realtà il vissuto temporale intergenerazionale non è sincrono, in quanto il modello introiettato e trasmesso dai genitori si discosta in modo molto netto da quello vissuto dai figli , ma si tratta, evidentemente, di uno scarto di vissuto transitorio che si risolverà, verosimilmente, ad un livello più elevato entro l’arco di una generazione. Un altro processo che contribuisce a distinguere l'età cronologica da quella funzionale è quello della cosiddetta "atrofia da disuso". Una particolare funzione (sia essa la motricità muscolare-atletica ,come la capacità di lettura o la flessibilità nell'apprendere o nel comprendere , la rapidità nel memorizzare,etc.) può restare menomata non a causa di fenomeni degenerativi strutturali fisiologici ma per il solo fatto di non essere stata messa in atto da troppo tempo. Se, da un lato , si possono disapprendere delle semplici capacità esecutive (come il guidare l'automobile, districarsi fra gli orari ferroviari, etc.) dall'altro si possono rendere sempre meno disponibili alcune capacità di tipo più generale e vitale, come quella di provare curiosità, quella di sintetizzare dei concetti o di produrre strategie nuove di affrontamento dei problemi... Il ripetersi delle stesse esperienze, anno dopo anno, favorisce l'utilizzazione delle stesse collaudate strategie per affrontarle, promuovendo una accelerazione di quel processo tipico dell'invecchiamento cognitivo che viene detto l'utilizzo economico e stereotipato delle risorse analitiche e degli schemi concettuali, o fissità funzionale crescente . Un particolare percorso di vita, ad esempio l'aver fatto sempre la stessa attività a basso contenuto intellettuale piuttosto che essere stato impegnato in un lavoro creativo, tende quindi a restringere per "disuso" le capacità mentali disponibili. Ancora una volta l'età cronologica non sarà affatto un valido predittore della età funzionale. Le diverse abitudini di vita, le diverse esperienze anche fortuite, costituiscono, infine, un altro potente fattore di differenziazione funzionale progressiva, collegato all’età.