Home - Articoli sull'Infanzia e l'Adolescenza

Il modello evolutivo strutturalista di Vittorio Guidano e Giovanni Liotti

di Alessandra Pace

pag. 3 di 37
Alcune basi del modello sono state poste in Elementi di psicoterapia comportamentale, del 1979. Quelle posizioni sono state ulteriormente articolate ed arricchite negli anni successivi, fino a giungere, con la pubblicazione nel 1983 di Cognitive processes and emotional disorders, alla definizione di quello che è il modello evolutivo-strutturalista. In quest’opera gli autori proposero un modello di sviluppo basato sui contributi di tre fonti principali: la teoria dell’attaccamento di Bowlby, la psicologia dello sviluppo cognitivo di Piaget, la ricerca sperimentale in psicologia cognitiva. L’interesse per i processi di sviluppo è riconducibile alla posizione per cui al fine di comprendere la complessità dei disturbi emotivi ed elaborare un modello di psicoterapia adeguato, occorre necessariamente conoscere lo sviluppo della conoscenza di sé e del mondo, che è fondamentalmente interattiva. Ciò equivale, secondo Reda (1986, 31-32), a studiare i processi di sviluppo della persona, sia sul piano cognitivo che emotivo, esplorandone la storia passata. Lo scopo della terapia diventa, in questa prospettiva, l’acquisizione di conoscenze trascurate o escluse durante le tappe evolutive, a causa di determinate esperienze di reciprocità. L’importanza data alla storia individuale, specialmente all’attaccamento infantile, e alle esperienze emozionali rappresentò uno spunto di riflessione notevole per i teorici cognitivisti e un’importante novità che ha avuto una grande risonanza a livello internazionale (Dobson, 1988, 394). Da quando è stato presentato il modello evolutivo-strutturalista, gli approcci costruttivisti hanno iniziato ad interessarsi maggiormente alle conseguenze dell’attaccamento sulla formazione delle organizzazioni cognitive, soprattutto di quelle disfunzionali. Attualmente sono molti gli autori che hanno ampliato le conoscenze sul rapporto tra attaccamento e genesi delle organizzazioni cognitive patologiche. A mio avviso, l’attenzione che questo modello ha ricevuto deriva dal fatto che esso rappresenta un’interessante proposta di integrazione tra posizioni cognitiviste, comportamentiste, etologiche e psicanalitiche, integrazione che consente di comprendere la persona nella sua totalità e di considerare i ruoli reciproci che rivestono l’individuo e l’ambiente nello sviluppo. Dopo questa breve presentazione relativa alla collocazione teorica di riferimento e ai contributi fondamentali del modello evolutivo-strutturalista nella teorizzazione cognitivista, analizzerò gli elementi fondamentali del modello.