Tratto da: Leonardo Angelini e Deliana Bertani "Il bambino che è in noi - Percorsi di ricerca
al nido e nella scuola per l'infanzia in provincia di Reggio Emilia, Unicopli, Milano,
1995
1. Emergere storico dell' infanzia attuale e osservazione
L’infanzia, così come noi oggi la vediamo, non è sempre esistita. Se noi infatti volgiamo lo
sguardo all' infanzia da un punto di vista storico ci accorgiamo che fino ad un certo punto, nella
società occidentale, lo spazio attualmente occupato dall'infanzia è uno spazio vuoto. Con ciò
non si vuol dire che in passato non vi fosse un problema dell'infanzia, ma semplicemente che
lo spazio da essa occupato nella società era un altro spazio. Anzi, ad onor del vero, andrebbe
detto che ogni società ha avuto un proprio spazio entro il quale collocare l'infanzia. Questa
esigenza di definire un posto, un luogo in cui collocare il bambino può esser vista come
assimilabile al tentativo che, in generale, ogni società fa di definire e dare senso non solo a se
stessa, ma anche a tutto ciò che ai suoi occhi appare come alterità. Il bambino infatti in ogni
società appare sotto la vestigia dell'alterità e sono note tutte le manovre di evitamento, di
avvicinamento, di esorcizzazione, etc. connesse con il percorso "concepimento - gestazione -
nascita - educazione" non solo da un punto di vista etnologico (Van Gennep, Magli, Nora) e
storico (De Gubernatis) ma anche qui e ora (Angelini et. al. 1984, Gasparini e Molinaroli):
segnali inequivocabili che ci si trova di fronte ad una alterità angosciante che va ricondotta
nell'ambito dell'esperienza più domestica. Perciò, se vogliamo comprendere fino in fondo le
ragioni dell'emergere dell'infanzia attuale, perchè essa occupi un dato spazio e non un altro, ed
infine per quale ragione determinati soggetti (e non altri) si pongono oggi di fronte ad essa in
qualità di osservatori, non possiamo esimerci dal vedere la situazione da un punto di vista
storico.
Ed immediatamente il pensiero va all'indagine storica di Ariés che può esser vista proprio come
un tentativo di spiegazione dell'emergere di quello che lui chiama "il sentimento moderno
dell'infanzia", che è poi il "modello" di infanzia in base al quale nella società occidentale, da un
certo momento in poi (secondo Ariés a partire dal 1200 circa) si comincia ad osservare il
mondo infantile. Ebbene vi è nel processo descritto da Ariés un duplice movimento che, a mio
avviso, va distinto. Innanzitutto vi è un movimento di emersione, come dicevamo prima:
emersione poiché lo spazio da essa occupato precedentemente (nella Tarda Antichità e
nell'Alto Medioevo, secondo Ariés) era uno spazio sommerso e cioè non investito di significati
che si riteneva dovessero esser messi in parola scritta o in un qualche "segno", in una qualche
"icona" che si riteneva degna di essere tramandata (non è un caso che la ricerca di Ariés sia
innanzitutto una ricerca iconografica). Ma vi è anche un movimento che, prendendo a prestito
un termine proprio dell'astronomia, potremmo definire di rotazione, di modo che lo spazio da
essa occupato che prima (vedi sopra) era in ombra, oggi, grazie a questo movimento rotatorio,
è in piena luce. Emersione, dunque, e rotazione: per comprendere meglio il meccanismo di
questo strano "astrolabio" può esser di soccorso una conversazione di Ariés con Pontalis e
Gantheret. In questa occasione Ariés stimolato dai suoi interlocutori sembra suddividere la
storia dell'interesse degli adulti occidentali per l'infanzia in quattro grandi periodi.
Si va da un primo periodo, quello greco-romano, in cui il bambino, secondo Ariés, occupa un
posto importante nella cultura, ad un secondo periodo, quello appunto della tarda Antichità e
dell'Alto Medioevo, in cui esso sembra tornare in ombra, ad un terzo in cui emerge il "sentimento
moderno dell'infanzia" ed è quello che dal 2/300 viene quasi ai nostri giorni, fino
all'apparire all'orizzonte oggi di un 4° periodo in cui, secondo Ariés, il bambino ritornerebbe in
ombra e si andrebbe verso una vera e propria eclissi del sentimento moderno dell'infanzia e
verso una nuova epoca buia in cui le "icone" che prevarrebbero sarebbero quelle della violenza
ai minori, o, nella migliore delle ipotesi, si andrebbe verso una loro marginalizzazione
nell'immaginario adulto. Ora a me pare che in un'epoca in cui l'osservazione del bambino raggiunge
toni parossistici (per ragioni che cercheremo di vedere in seguito) parlare di
marginalizzazione dell'infanzia sia quanto meno singolare, e probabilmente frutto di un giudizio
moralistico.
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L’osservazione del bambino in ambito educativo e psicoterapeutico
di Leonardo Angelini
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