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Commento alla 54 del 2006
di Laura Nissolino Avv.
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La normativa n.54/2006 ha preso atto di una serie di cambiamenti sociali che si sono verificati
nell’arco degli anni, proseguendo il cammino intrapreso con la riforma del diritto di famiglia negli
anni settanta. È interessante pensare che fino alla fine degli anni ’60 nella maggior parte delle
coppie in crisi si prevedeva che i minori fossero affidati al genitore al quale non era riconosciuta la
colpa della fine del matrimonio. Quindi l’introduzione della riforma del diritto di famiglia ha già
determinato un importante cambiamento: distinguere tra il ruolo di genitore e quello di coniuge. Si è
infatti riconosciuto che si può essere un cattivo “coniuge”, ma un ottimo genitore e che in ogni caso
fosse necessario riconoscere al minore il diritto di frequentare entrambi i genitori. La vecchia
normativa, in vigore fino al 2006 con la precedente formulazione dell’articolo 155 del codice civile,
imponeva che fosse garantito – in adesione ai principi europei – l’interesse morale e materiale della
prole. Pertanto, qualsiasi decisione in ordine al minore doveva garantire quindi il rispetto del suo
interesse morale e materiale. In che modo però veniva interpretato tale interesse? Si riteneva che
fosse generalmente più confacente agli interessi del minore, specialmente se di giovane età e quindi
fino ai sette, otto anni di età, un affidamento monoparentale alla madre. Conseguentemente questo
genere di affidamento è divenuta la regola. Il cambiamento di tale interpretazione dell’interesse del
minore è stato sollecitato nell’arco degli anni, con varie fortune, da chi riteneva che fosse una
visione sorpassata il ritenere la madre genitore maggiormente in grado di svolgere un ruolo di
accudimento nei confronti dei figli. L’interesse del minore nella normativa italiana è stato
riconosciuto in più occasioni: la Costituzione ha riconosciuto il diritto di entrambi i genitori ad
educare la prole, nel 1970 la legge introduttiva del divorzio,aveva per la prima volta individuato la
preminenza dell’interesse morale e materiale dei figli, e poi nuovamente nel ’75 con la riforma del
diritto di famiglia è stato ratificato ulteriormente questo stesso principio; successivamente anche
nell’87 con la riforma della legge sul divorzio, si è per la prima volta introdotta anche la garanzia
dell’audizione del minore, senza però che fossero garantite regole per la modalità in cui tale ascolto
doveva avvenire.