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- Articoli sulla Psicologia Giuridica
Commento alla 54 del 2006
di Laura Nissolino Avv.
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assegna la casa coniugale, e in questo senso rimane
conforme alla normativa previgente, al genitore che ha con sé in misura prevalente il minore;
dispone inoltre che il mantenimento per i figli maggiorenni sia loro versato direttamente. Entrando
maggiormente nello specifico ed esaminando in che modo i Tribunali italiani hanno interpretato nel
corso dell’anno dalla entrata in vigore la legge, osserviamo che il principio della bigenitorialità è
riconosciuto come un diritto vero e proprio dei figli a continuare ad
avere rapporti significativi con il padre e con la madre anche dopo la separazione. La norma ha
quindi teso ad invertire la regola dell’affido monoparentale sostituendola con quella dell’affido
condiviso. Ovviamente è ancora ammesso un regime di affidamento diverso, si tratta però di una
eccezione che deve essere giustificata, deve cioè esserci un motivo - che il giudice valuta di caso in
caso - per escludere l’affido condiviso e l’esistenza della alta conflittualità tra i coniugi non è
sufficiente per non riconoscerlo. In questo senso ci sono una serie di pronunce dei vari Tribunali: il
Tribunale di Catania nel giugno del 2006 ha escluso la possibilità di un affido condiviso in presenza
di un particolare lavoro del padre – autotrasportatore – che si riteneva non fosse sufficientemente
presente per poter garantire un’attività congiunta con la madre nella gestione del figlio. Ne discende
che l’assenza continuata, anche per motivi di lavoro, sia da considerarsi elemento ostativo all’affido
condiviso.
In ordine alla necessità che i genitori, in presenza di una richiesta di affido condiviso, redigano un
progetto volto a chiarire in che modo intendano organizzare la vita del figlio e le loro specifiche
competenze,va rilevato che le caratteristiche di tale impegno saranno diverse se esso è parte di un
ricorso congiunto o se invece è stato organizzato dal giudice nel corso di una procedura di
separazione contenziosa. Infatti, in presenza di accordo tra i genitori in linea di massima il giudice
tende a ratificarli, purché non in contrasto con l’interesse del minore. Nel caso invece di una
procedura giudiziale, il giudice in presenza di conflittualità tende a ripartire le competenze ordinarie
dei genitori. Ad esempio il progetto può teoricamente prevedere che il padre assista il figlio in
determinate attività, mentre invece la madre in altre. In questo senso il Tribunale di Chieti, con
un’ordinanza del giugno del 2006, ha previsto che i genitori garantiscano entrambi orientativamente
lo stesso tempo di presenza con i figli.