Home
- Articoli sull'Infanzia e l'Adolescenza
Le tecniche dell'insegnamento gentile e della schermatura visiva nel controllo delle stereotipie
di J. Jordan - N.N. Singh - A.C. Repp
Tratto da Edizioni Erickson
pag. 3 di 26
Sfortunatamente, non c’è stata una valutazione o un’ulteriore replica
di questo successo. Sono riscontrabili inoltre dei limiti nella metodologia
usata da McGee e i suoi colleghi nel valutare il proprio approccio (Mudford,
1985; Singh, 1983). Per esempio, i risultati del trattamento spesso non
sono che semplici osservazioni informali o descrizioni dei progressi del
paziente, episodi videoregistrati prima e dopo il trattamento o dati raccolti
durante il trattamento senza misurazione di base o altre condizioni sperimentali
di controllo. Naturalmente, questi limiti metodologici rendono
dubbia ogni inferenza su una relazione causale tra l’applicazione dell’insegnamento
gentile e il cambiamento comportamentale riscontrato, perché
è impossibile non tener conto del fatto che variabili estranee possano aver
influenzato i risultati e sollevano un interrogativo sulla validità dei criteri usati
per giudicare il successo del trattamento nonché sulla stima del successo
riportato con l’insegnamento gentile.
Inoltre, benché McGee e i suoi colleghi (McGee et al., in corso di
stampa) sostengano di aver elaborato un approccio di trattamento veramente
del tutto nuovo, un’analisi accurata delle videocassette (McGee,
1986) e delle relazioni scritte suggerisce che tale approccio non è altro che
la combinazione di alcune semplici tecniche tradizionali di gestione
educativa assieme ad una procedura di rinforzamento differenziale. Invero,
altri (Glynn, 1985; Mudford, 1985) hanno suggerito che l’insegnamento
gentile non sia niente di più che un pacchetto complesso comprendente
tecniche comportamentali già ben validate quali: ignorare - ridirigere
l’attenzione al compito - rinforzare (Favell, McGinsey e Schell, 1982);
organizzare in modo opportuno l’ambiente e stabilire il controllo dello
stimolo (Gold, 1972); l’apprendimento senza errori (Cronin e Cuvo,
1979); il modellaggio e l’attenuazione dell’aiuto (Stokes e Baer, 1977);
insegnare con pacatezza e limitare l’uso della parola da parte dell’operatore
per massimizzare il potere di rinforzamento della voce umana
(Gold, 1972); guidare fisicamente in modo graduale e fornire così
un’alta densità di rinforzamento tattile per poi ridurla.
L’obiettivo primario del presente studio era quello di fornire una
valutazione empirica dell’efficacia clinica dell’insegnamento gentile, confrontandolo
con una procedura comportamentale già ben sperimentata, quella del visual screening (schermatura visiva) (McGonigle, Duncan,
Cordisco e Barrett, 1982). Questa tecnica è spesso usata nel trattamento
delle stereotipie gravi, un comportamento molto spesso prevalente e
disadattivo nelle persone con ritardo mentale grave (LaGrow e Repp,
1984). Un obiettivo secondario consisteva nel determinare gli effetti di
queste procedure su alcuni comportamenti collaterali, in primo luogo
l’interazione sociale con l’operatore, per verificare l’avvento del bonding,
che, come si è detto, costituisce la componente e l’effetto fondamentale del
gentle teaching, ma anche altri comportamenti positivi tra cui il rimanere
attivamente sul compito.