Home - Articoli sull'Infanzia e l'Adolescenza

Le tecniche dell'insegnamento gentile e della schermatura visiva nel controllo delle stereotipie

di J. Jordan - N.N. Singh - A.C. Repp
Tratto da Edizioni Erickson

pag. 7 di 26
Ambientazione

Vennero condotte tre sessioni al giorno in una stanza destinata alla terapia (m. 7,6 x 3,8) adiacente alle sale in cui ciascun soggetto passava le giornate. La stanza aveva un tappeto ed era ammobiliata con un grande tavolo e comode sedie imbottite. Le sessioni di trattamento venivano tenute tre volte la settimana per David e Kevin, tra mezzogiorno e le due e mezzo del pomeriggio, mentre quelle di Paul avevano luogo cinque volte la settimana e cominciavano alle due e mezzo del pomeriggio. L’osservatore restava nella stanza per tutta la sessione. Per ogni soggetto furono scelti dei compiti funzionali e appropriati all’età (Brown et al., 1979; Reid et al., 1985), che vennero mantenuti costanti per l’intera durata dello studio. I compiti di David e Kevin erano lisciare con la carta vetrata degli oggetti di legno e mettere insieme dei cartoni per farne materiali da imballaggio. Oltre a questi, i compiti di Paul erano incollare delle figure sulla carta e disegnare sulla carta con una penna a sfera.

Definizioni dei comportamenti

Vennero registrate le stereotipie e alcuni comportamenti collaterali. La stereotipia venne definita come un costante e ripetitivo comportamento motorio, eccessivo o patologico nel grado, nella frequenza e/o nella durata con cui si manifesta e privo di un significato adattivo apparente (Baumeister, 1978). I comportamenti stereotipati specificamente registrati furono raggruppati nelle seguenti categorie: a) mettere in bocca: mettere in bocca o succhiare mani, vestiti, tovaglie o altri oggetti; b) agitare le mani: sbattere le mani; c) vocalizzazioni: ronzii, pernacchie, altri rumori; d) oggetti: dare colpetti con le dita, roteare, rigirare fra le dita, o altre manipolazioni ripetitive di oggetti; e) corpo: manipolazione ripetitiva dei capelli, ficcarsi un dito in un orecchio, darsi dei colpetti sulla testa; f) altri: un vasto repertorio di altri atti stereotipati come ciondolare il capo, sollevare ripetutamente lo sguardo dai materiali del compito verso l’operatore con gli occhi spalancati, per poi rifissarlo sui materiali, guardarsi le mani, guardare fisso nel vuoto e annusare con insistenza. I comportamenti collaterali comprendevano: a) comportamenti problematici 1. essere fuori dal posto: stare in piedi, camminare o sdraiarsi quando il soggetto avrebbe dovuto invece stare seduto al suo tavolo; 2. resistenza all’intervento: attacchi rivolti ai materiali (lacerare la carta, dare pizzicotti, colpire, afferrare i capelli o il corpo di qualcuno, spingere via l’operatore); autolesionismo (mordersi e colpirsi); urlare e piagnucolare quando è il momento di lavorare; b) comportamenti rivolti al compito 1. ogni attività diretta al completamento del compito, manipolazione costruttiva dei materiali nella maniera indicata e senza assistenza da parte dell’operatore; 2. esecuzione delle istruzioni impartite dall’operatore; c) tentativi di apprendimento del compito manipolazione attiva di materiali dove però sia ancora necessaria la guida totale o parziale dell’operatore;