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L'adolescenza: crisi psicologica o psicopatologia?

di Nicola Lalli – Agostino Manzi - Romana Panieri, 2005

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Nel passato ed attualmente in alcune "enclave" della nostra cultura, esistono dei riti di passaggio che seppure limitativi, potrebbero costituire dei punti di riferimento. Ci riferiamo a pratiche religiose come la “prima comunione”, oppure al servizio militare. Questi passaggi tuttavia, avvengono casualmente e sono non solo deprivati di qualsiasi valore simbolico (al massimo assumono gli aspetti deteriori della ritualità), ma soprattutto non rappresentano un momento di condivisione tra il mondo degli adulti e quello dell’adolescente. Molto più frequentemente, soprattutto nella nostra cultura per il lungo apprendistato degli studi, si rischia di perdere invece completamente qualsiasi punto di riferimento. In mancanza di parametri socialmente condivisi, l’adolescenza ed il suo superamento diventa sempre più un problema individuale, al massimo condivisibile all’interno di un gruppo di coetanei, con la modalità tipica di aggregazionedella fase pre-adolescenziale. Per l'adolescente in balia di se stesso, privo di formazione e di informazione, pieno di energie che non sa come utilizzare, con progetti confusi e spesso irrealizzabili, il cambiamento, il “passaggio” diventano incomprensibili, impossibili, pericolosi e ingovernabile e quindi fonte di un'ansia che spesso suscita negazione o ribellione. c) A fronte di queste due situazioni sopradescritte che sono storicamente configurate, la cultura dovrebbe tendere a privilegiare la possibilità di una dinamica di separazione che porti ad una reale autonomia e quindi ad una "identità dell'adolescente". Queste modalità si riscontrano in culture, in via di evoluzione ed in movimento, che facilitano il processo di identità mediante l’accettazione dell’originalità e del nuovo di cui l'adolescente può essere portatore.