hanno verso i propri amici, il contare più su di loro che su se stessi
(Bartholomew, Horowitz, 1995). Vivono il rapporto d'amore con molta ansia
e lo considerano come un legame che implica necessariamente dipendenza e
possessività (Bartholomew, Horowitz, 1995; Collins, Read, 1995; Feeney,
Noller, 1995; Hazan, Shaver, 1987).
4. L’attaccamento di tipo D
a. Caratteristiche e genesi dell’attaccamento di tipo D
I bambini con attaccamento di tipo D (Liotti, Pallini, 1990), presentano
delle reazioni piuttosto strane alla separazione e alla riunione con la figura
d’attaccamento.
Il loro non è un quarto modello di comportamento, che si aggiunge alla
tipologia B, A e C. Questi bambini, infatti, hanno delle reazioni molto diverse
tra loro, che sono tuttavia accomunate dal fatto di essere disorientate e/o
disorganizzate (Ainsworth, Eichberg, 1995). Per esempio, possono reagire
alla separazione con vocalizzi indefinibili, che sembrano una forma confusa e
abortita di protesta; quando la figura d’attaccamento ritorna, possono andarle
incontro con la testa voltata da un’altra parte, oppure con lo sguardo assente o
fisso, come se fossero in trance, sospesi tra il senso di sicurezza derivante
dalla sua presenza e l’attesa di una nuova sua scomparsa, oppure come se
tentassero di evitare qualcosa di terribile e di molto doloroso (Liotti, Pallini,
1990).
Le figure d’attaccamento dei bambini di tipo D rispondono in modo
incoerente e confondente alle loro richieste di protezione e affetto: ad
esempio, possono mostrare, con la mimica facciale, dolore e paura di fronte al
pianto. E’ possibile ipotizzare, secondo Liotti e Tombolini (1993), che queste
persone interagiscano col bambino mentre la loro mente è assorbita dai
ricordi di un trauma irrisolto (abusi sessuali, violenze, lutti non elaborati) o
dal tentativo di evitarli. Il loro mondo interiore li spaventa ancora e le
reazioni che ne derivano allarmano, a loro volta, il bambino.
Molto spesso queste figure tendono ad invertire la normale reazione
d’attaccamento: si aspettano cura e protezione dal bambino, invece di essere
loro a dargliene. Non sono in grado di comprendere realmente che il piccolo
non è in grado di prendersi cura di un adulto, e che è proprio il bambino ad
avere bisogno di cure e protezione (Liotti, 1991).
Mayseless (1996) spiega questa inversione dei ruoli d’attaccamento,
suggerendo che queste persone non abbiano soddisfatto i propri bisogni
d’attaccamento infantile, proprio a causa di quelle vicende traumatiche che
ancora non sono riusciti a superare. Per questo richiedono accudimento da
parte del bambino.
Il bambino sviluppa così (Liotti, 1995) un’immagine di sé come vittima,
persecutore o salvatore incompetente del genitore.
b. L’attaccamento di tipo D nell’infanzia: verifiche empiriche
Liotti e Pallini (1990) riportano alcuni studi che evidenziano come a 6
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Stile d’attaccamento e percorsi di sviluppo
di Alessandra Pace
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