e spesso affermano di sentirlo come un peso, un ostacolo. Le richieste di
affetto del piccolo sembrano loro degli insensati “capricci” a cui non
rispondere per non creare un bambino “viziato”. In casi estremi queste figure
d’attaccamento usano violenza fisica nei confronti del bambino. A loro volta
hanno una storia di violenza e rifiuto ricevuti dai propri genitori e distorcono
il ricordo o la valutazione di queste relazioni con una idealizzazione. Così
come sono insensibili o immemori rispetto alle proprie sofferenze infantili,
allo stesso modo sono insensibili alla sofferenza dei figli, di cui spesso sono
essi stessi la causa. Tutto questo si mostra coerente con l’ipotesi secondo cui
l’attaccamento influenza il sistema dell’accudimento.
Il bambino con attaccamento di tipo A (Liotti, Pallini, 1990) diventa
distaccato, diffidente, convinto di dovere farcela da solo. Non ha un’autentica
fiducia né in sé né negli altri. Si ritira in una sorta di autarchia affettiva,
realizzando rapporti superficiali e poco stabili. Inoltre, tende a sviluppare una
compulsiva fiducia in se stesso (Lorenzini, Sassaroli, 1987).
Col tempo (Liotti, 1994) potrà anche idealizzare la sua figura
d’attaccamento, negando la sofferenza che ha caratterizzato la loro relazione.
b. L’attaccamento di tipo A nell’infanzia: verifiche empiriche
I bambini con attaccamento di tipo A (Sroufe, Fox, Pancake, 1983) si
mostrano emotivamente più dipendenti dagli insegnanti della scuola materna,
rispetto ai bambini sicuri. Dato che l’insegnante della scuola materna è
disponibile per molto tempo, a differenza della figura d’attaccamento a cui il
bambino è abituato, egli può mostrare i suoi bisogni nascosti di dipendenza,
anche se spesso ricerca il contatto in modo indiretto e solo se il livello di
stress è basso.
Questi bambini in età prescolare (Crittenden, 1994), tendono a inibire la
comunicazione e le informazioni emotive tramite la negazione dei veri
sentimenti.
Cassidy (1994) riporta una serie di studi realizzati con bambini tra i 2 e i 6
anni, che indicano come i bambini con attaccamento A tendono a reprimere
sia l’espressione di emozioni negative come la paura, la tristezza e l’angoscia,
sia l’espressione della gioia. Questa strategia, che ha lo scopo di minimizzare
la relazione con la figura d’attaccamento, può essere adattiva nel contesto
della relazione con questa persona, che è generalmente rifiutante, ma può
essere disadattiva in altri contesti.
Liotti e Pallini (1990) presentano alcuni studi che mostrano come a 6 anni
e in un ambiente scolastico, i bambini con attaccamento A, rispetto ai
bambini con attaccamento B, si mostrino meno socievoli, meno collaborativi
e meno capaci di comprendere e tollerare l’espressione della sofferenza negli
altri bambini.
I bambini con attaccamento A, a 6 anni, tendono al perfezionismo e
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Stile d’attaccamento e percorsi di sviluppo
di Alessandra Pace
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