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Stile d’attaccamento e percorsi di sviluppo

di Alessandra Pace

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mostrano un’idealizzazione difensiva di sé e dell’altro (Cassidy, 1988).
A 10 anni (Grossman, Grossman, 1995), di fronte a domande relative alla strategia usata nelle situazioni in cui avevano paura, erano arrabbiati o tristi, tendevano a rispondere che preferivano starsene per conto proprio e a cercare di risolvere i propri problemi senza contare sull’aiuto di nessuno. La loro integrazione coi pari era inferiore rispetto a quella dei bambini sicuri. Potevano riferire di non avere molti amici oppure di averne molti, senza riuscire ad identificarne uno in particolare. Spesso presentavano problemi di inserimento nel gruppo dei pari.
Mayseless (1996) riporta i dati di uno studio di Cassidy e Kobak, in cui è stato rilevato che i bambini con attaccamento A tendono a negare il bisogno di essere protetti e di ricevere cure e supporto. Quando crescono si mostrano orientati ad essere emozionalmente autosufficienti, probabilmente per il tentativo di evitare sentimenti penosi, conseguenti al rifiuto delle proprie richieste di attaccamento. Per quel che concerne il senso di auto-efficacia e la stima positiva di sé, secondo Mayseless (1996), questi bambini tendono a cercare l’approvazione dei propri genitori attraverso il raggiungimento di quelle mete che vengono loro proposte. Queste mete sono del tipo: sii un bravo studente, sii un buon atleta. Da parte del genitore c’è, inoltre, la richiesta implicita di riuscire a farcela senza chiedere supporto emotivo. Se il bambino riesce a realizzare le mete proposte sviluppa un senso di auto-efficacia e si sente apprezzato. L’immagine positiva di sé che si crea, però, è condizionata sia dal raggiungimento di mete imposte da altri, sia dal dover ignorare i propri sentimenti di pena e paura. Perciò, per mantenere quest’immagine, mette in atto un processo difensivo che consiste nell’orientarsi forzosamente verso la percezione dei propri successi. Ha un forte superego, idealizza se stesso e i propri genitori, ha un grande bisogno di riuscire, tende al perfezionismo e lavora strenuamente.

c. L’attaccamento di tipo A nell’ adolescenza: verifiche empiriche Gli adolescenti con attaccamento di tipo A (Bartholomew, Horowitz, 1995; Kobak et al., 1993; Kobak, Sceery, 1988; Pianta, Egeland, Adam, 1996) tendono a dare delle descrizioni idealizzate di sè e della propria capacità di gestire le emozioni costruttivamente nelle situazioni problematiche interpersonali (come dimostrano le dicrepanze tra le loro autodescrizioni e quanto dichiarato dai loro amici o quanto è osservato nelle situazioni di problem-solving in un contesto interpersonale). Forniscono descrizioni delle proprie storie d'attaccamento meno coerenti, integrate e logiche rispetto alle persone con attaccamento sicuro e portano pochi ricordi a sostegno delle loro affermazioni circa le esperienze d'attaccamento (Bartholomew, Horowitz, 1995), negando l'influsso che queste esperienze hanno avuto sullo sviluppo del Sé, anche tramite ricordi lacunosi o