Analisi della letteratura
Dall’analisi delle rassegne sul DFU, emerge una situazione contrastante.
Swensen (1968), analizzando le ricerche pubblicate dal 1957, rileva come ognuna di queste abbia migliorato sostanzialmente in qualità ed
abbia prodotto un aumento dei supporti empirici per l’utilizzo del disegno
della persona come strumento clinico. Questa evidenza suggerisce che la
validità di un particolare dettaglio del disegno è direttamente correlata all’affidabilità
dello stesso. I punteggi globali sono molto affidabili e validi,
mentre i segni individuali lo sono meno. Roback (1968) nello stesso
anno, esaminando la letteratura dal 1949 al 1967, trova che gli studi citati
non sostengono in generale le ipotesi della Machover e che quelli che
soddisfano i criteri di qualità sono piuttosto carenti, suggerendo addirittura
di escludere questa tecnica dagli strumenti da utilizzare nelle indagini
cliniche.
In una recente revisione delle ricerche che hanno utilizzato il DFU per
indagare situazioni di abuso fisico o sessuale in età evolutiva, Veltman e
Brown (2002), oltre a sottolineare la scarsità di ricerche sull’argomento
(solo 23 in un arco di tempo di circa 40 anni), ed una variabilità nelle procedure
di analisi dei disegni che rende difficile il confronto tra i diversi
studi, rilevano una situazione assolutamente indefinita che porta a raccomandare
l’utilizzo del disegno solo come procedura per favorire la relazione
con il bambino. Tra le varianti del DFU che sembrano offrire prospettive
di validazione psicometrica più soddisfacenti c’è da segnalare il Il DAP:
SPED (Draw A Person: Screening Procedure For Emotional Disturbance).
Il DAP: SPED (Draw A Person: Screening Procedure For Emotional
Disturbance)Si tratta di un sistema di scoring composto da 51 item, proposto da
Naglieri nel 1988 mirato all’identificazione di bambini ed adolescenti con
difficoltà emozionali.
Il sistema è stato perfezionato successivamente grazie anche all’aiuto
di altri studiosi (Naglieri, McNeisch e Bardos, 1991).
Nello studio successivo di Naglieri e Pfeiffer (1992), effettuato su 54
studenti normali e 54 con problemi psichiatrici, il T score del campione
clinico risultò significativamente più alto dal punto di vista statistico rispetto
a quello dei soggetti normali, indicando che il gruppo di soggetti
clinici produce più segni associabili a disturbi emozionali rispetto al gruppo
di controllo. Ulteriori analisi dimostrarono un incremento dell’accuratezza
della diagnosi del 25.8%. Risultati simili sono stati ottenuti nello studio
di McNeisch e Naglieri (1993) in cui il gruppo di studenti in classi speciali
con disturbi emotivi dava punteggi standardizzati statisticamente diversi
rispetto al gruppo di studenti normali. Gli studi di Wrightson e Saklofske
(2000) non confermano invece questa capacità discriminativa del DAP: SPED. In questo stesso studio, la Devereux Behavior Rating Scale e
la Child Behavior Checklist apparivano in grado di differenziare meglio tra
studenti normali e studenti con problemi comportamentali. Inoltre l’affidabilità
test-retest del DAP: SPED dopo 23-27 settimane è risultata relativamente
bassa.
Bruening, Wagner e Johnson (1997) dai dati ottenuti dalla loro indagine
hanno rilevato che i soggetti che avevano subito un abuso sessuale
non presentavano punteggi evidenti al DAP: SPED tali da differenziarli da
quelli senza abusi.
Matto (2002) ha esaminato la validità predittività del DAP: SPED
come predittore del comportamento di un campione clinico di 68 bambini
nell’età della latenza (6-12 anni) ricevuti presso un servizio di consulenza.
I risultati dello studio hanno mostrato che il DAP: SPED totale (punteggi di
maschi e femmine sommati) era un predittore significativo per la spiegazione
delle variazioni del comportamento disturbato. Queste evidenze
prestano un ulteriore sostegno alla validità del DAP: SPED nel procurare
informazioni circa il funzionamento del comportamento infantile.
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Lo stato preoccupante delle tecniche proiettive per l'età evolutiva in Italia
di Patrizio E. Tressoldi, Claudia Barilani e Luigi Pedrabissi
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