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Il cognitivismo (post-razionalista) va a scuola
di Patrizia Mattioli
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E’ opinione comune che esista una realtà unica e oggettiva con un suo ordine e un suo significato e che sia possibile osservarla dall’esterno in modo imparziale e univoco. Ne è un’immediata conseguenza che se solo volessimo, potremmo tutti arrivare ad una comprensione condivisa e oggettiva delle cose e degli avvenimenti e che se ciò non accade è solo per una personale incapacità ad essere obiettivi. Risulta invece sempre più evidente che non si può parlare di conoscenza della realtà in senso assoluto e imparziale ma che la conoscenza è sempre in relazione al soggetto che conosce. La realtà non si può configurare allora come un’entità univoca esistente in sé, ma come un insieme di processi conoscitivi su di essa (uno per ogni individuo e ognuno valido e irriducibile), che continuamente si incontrano e si articolano. Ogni processo di conoscenza della realtà aiuta a conoscere non già le particolarità dell’oggetto o del fatto percepito, ma le caratteristiche e il punto di vista della persona che la esprime. Dopo un contrasto tra due persone, ognuna di loro racconterà il fatto secondo il proprio punto di vista, probabilmente diverso uno dall’altro e nessuno dei due corrisponderà alla verità, ma solo al personale vissuto rispetto ad essa. Anche un osservatore esterno non potrà che fare una lettura personale dell’episodio osservato. Qualsiasi conoscenza ed esperienza è dunque sempre il risultato di una elaborazione personale e perciò prevalentemente soggettiva. Quando comunichiamo invece, spesso presupponiamo tacitamente che chi ci sta di fronte sia come noi, e che interpreterà come noi il messaggio che gli stiamo trasmettendo e ci meravigliamo se ci rendiamo conto di essere stati fraintesi.