La teoria dell’attaccamento si sviluppa a partire dagli anni’ 70 del secolo scorso grazie ai contributi di J. Bowlby (1969, 1973, 1979, 1980, 1988) e successivamente di M. Ainsworth (1979, 1985; et al. 1978) fornendo il contributo maggiore alla spiegazione dello sviluppo della conoscenza in senso ontologico.Bowlby, psichiatra e psicoanalista, formula questa teoria rifacendosi ai principi dell’evoluzione e della selezione naturale e usando i metodi dell’etologia animale, cercando di indagare la struttura biologica che sottostà al legame che si instaura tra il bambino e chi si prende cura di lui. Questa teoria spiega come l’uomo, al pari di tutti i mammiferi e gli uccelli, possieda delle reti neurali ereditate geneticamente che lo spingono, sin dai primi attimi della sua esistenza, a mettere in atto dei comportamenti finalizzati alla ricerca di accudimento e protezione da figure della stessa specie: questo sistema di controllo del comportamento viene definito sistema motivazionale di attaccamento.
Nella prima e nella seconda infanzia le figure di attaccamento forniscono essenzialmente protezione dal pericolo e insegnano ai bambini quali significati attribuire alle informazioni accessibili. Il ruolo protettivo viene svolto inizialmente da una figura, in genere la madre, ma si estende ad entrambi i genitori, i quali tendono a sintonizzarsi e sincronizzarsi con i processi di feed-back e feed-forward comportamentali del bambino; dall’interazione con i genitori il bambino sviluppa conoscenze specifiche legate al tipo di rapporto instauratosi, inglobandole in schemi cognitivi detti modelli operativi interni (MOI).
Questi schemi cognitivi si strutturano intorno alla seconda metà del prima anno di vita e sono l’interiorizzazione, da parte del bambino, delle risposte genitoriali in termini di disponibilità, accessibilità e prontezza verso le sue richieste di sicurezza e accudimento; sono dunque i primi passi dello sviluppo della conoscenza umana perché permettono al bambino di acquisire conoscenza di sé in relazione all’altro significativo.
La teoria dell’attaccamento, dunque, sostiene che “gli esseri umani hanno una propensione innata a organizzare strategie di protezione del sé e, dopo la pubertà, strategie sessuali (Bowlby, 1969-1982, Crittenden, 1997)” (Crittenden, 2008), e che tali strategie sono il risultato dell’elaborazione di due tipi di informazioni: cognitive, relative all’ordine temporale
degli stimoli sensoriali che forniscono informazioni sulle relazioni causali, ed affettive, relative all’intensità degli stimoli che consistono nelle sensazioni somatiche associate ai contesti (batticuore, stretta allo stomaco, ecc).
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L'attaccamento
di Barbara Marzioni
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