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Il costruttivismo e le sue radici
di Ernst von Glasersfeld
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Cioè chiese che l'autore facesse proprio ciò che egli dimostrava essere
illusorio. È la stessa obiezione che ancor oggi più frequentemente si ottiene quando si
tenta di spiegare l'orientamento costruttivista. E dimostra, se non altro, l'avversione
emotiva che scaturisce dalla proposta di cambiare un modo di pensare ritenuto
insostituibile da una tradizione millenaria. L'analisi delle costruzioni concettuali ha avuto
altri protagonisti dopo Vico, ignari del pioniere napoletano. Fra loro vorrei menzionare
Jeremy Bentham perché produsse un notevole compendio di "finzioni", termine che per lui
non ebbe significato sprezzante ma indicò precisamente l’attività costruttiva. Come Vico,
sottolineò il ruolo del linguaggio: "Alla lingua - e solo alla lingua - le entità fittizie devono la
loro esistenza"(21). Si può discutere sui metodi di analisi adoperati da Bentham, ma i
risultati ottenuti, anche se possono sembrare grezzi, hanno ancora oggi parecchio valore
didattico e perciò li considero un valido precedente alla semantica operativa.
Il Principio della Viabilità
Prescindendo dalla costruzione delle strutture concettuali, c’è un'altra idea indispensabile
per completare il concetto di costruttivismo radicale. Un'idea che proviene della teoria
dell'evoluzione darwiniana e fu utilizzata indipendentemente da vari studiosi intorno
all'inizio del nostro secolo. Si tratta dell’idea della selezione negativa; vale a dire
l'eliminazione di quello che non serve o non funziona, cosí che tutto ciò che rimane risulta
"adatto". O, come preferisco dire, viabile dall’inglese viable, cioè adoperabile, percorribile.
Sembra che William James sia stato il primo a suggerire nel 1880 l'uso di questo principio
nell'epistemologia (22). Indipendentemente, Hans Vaihinger, l'autore di un prolifico
commentario a Kant, lavorò nella stessa direzione già dal 1876. Nel 1911 al IV Congresso
Internazionale di Filosofia, a Bologna, Vaihinger presentò il frutto di trent’anni di lavoro: "La
Filosofia del Come Se" (23). In questa opera si riferì esplicitamente a Bentham, la cui idea
della "finzione" (cioè della costruzione mentale di strutture opportune) egli estese, dopo
alcune analisi affascinanti di tutto ciò che si chiama conoscenza. Ma mentre Bentham
aveva inteso l'opportunità nel senso comune della vita quotidiana, Vaihinger introdusse
come ulteriore criterio la nozione di adattamento ad un mondo reale (24).