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L'attaccamento

di Barbara Marzioni

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Possiamo dire in termini esemplificativi che i pattern A e C, rispetto al B, tendono a sovrastimare le possibilità di pericolo nella relazione con il caregiver e dunque i loro processi mentali e comportamenti sono focalizzati sull’autoprotezione. La Crittenden e la Main hanno esteso entrambe il modello tricotomico di Ainsworth. Main tuttavia, basandosi su un lavoro presentato con Solomon (1990), definisce tutto ciò che va oltre le configurazioni di Ainsworth come “disorganizzato”: da qui il modello ABCD. La distinzione pattern sicuro (B)/insicuri (A-C) non è sovrapponibile a quella tra normale e patologico: anche i pattern insicuri possono appartenere alla dimensione della normalità, dato che non sono altro che “modalità specifiche volte al mantenimento dello stato di relazione con le proprie figure d’attaccamento e quindi di una adeguata stabilità del senso di sé che in tali relazioni prende forma” (Lambruschi, 2000).

Ciò che contraddistingue i pattern A e C in senso psicopatologico sono i bassi livelli di flessibilità, integrazione e coesione del Sé della persona inquadrata all’interno del pattern. Come precedentemente accennato, attraverso la modulazione psicofisiologica e affettiva del bambino nello specifico pattern di attaccamento l’esperienza immediata segue un riordinamento continuo finalizzato all’auto percezione di sé come identità coerente e stabile ed alla esperienza di sé come entità riconosciuta dagli altri.

Man mano che la maturazione cognitiva procede con gli anni, coinvolge processi espliciti di conoscenza sempre più complessi ed esaustivi che garantiscano un senso di identità congruente e flessibile: intorno ai 6/7 anni i ragazzi si differenziano dagli altri anche in senso psicologico oltre che fisico, riconoscendo nell’altro atteggiamenti emotivi diversi rispetto ai propri; con l’età adolescenziale si raggiunge il livello più alto dell’auto-consapevolezza grazie allo sviluppo dell’astrazione riflessa: i giovani divengono consapevoli della loro consapevolezza e mantengono la stabilità del senso di sé attraverso processi riflessivi.

I vari pattern di attaccamento ci mostrano chiaramente come all’interno della dimensione di normalità, oltre che in quella patologica, “diventa possibile mantenere la coerenza interna solo attraverso spostamenti continui e progressivi del punto di equilibrio, che consentono di assimilare le perturbazioni che inevitabilmente insorgono come risultato dell’esperienza” (Guidano, 1992). Dunque tutti noi nasciamo dotati di ‘un’impalcatura percettivo-motoria’ che ci spinge verso la relazione con l’altro, perché è solo attraverso l’intersoggettività all’interno di relazioni significative che riusciamo a sviluppare un senso di identità stabile e coeso.