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Psicoterapia cognitiva sistemico-processuale e ciclo di vita individuale

di Vittorio Guidano
si ringrazia il dott. G. Cutolo per la concessione del materiale

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Allora cerchiamo di vedere in questa seconda parte gli aspetti di metodologia e di intervento terapeutico che possono essere conseguenziali al tipo di impostazione che ho cercato di delineare prima. Tanto per introdurre l'argomento voglio dire che il cambiamento che si è verificato in ambito di terminologia di intervento terapeutico, dal cognitivismo tradizionale al cognitivismo post-razionalista, è il passaggio da un concepire il cambiamento terapeutico come autocontrollo, cioè come aumento dell'auto-controllo sulle emozioni disturbanti e quindi recupero dell'equilibrio esistente prima e che si era perso. Tutto il cognitivismo post-razionalista intende invece il cambiamento più come una riorganizzazione del significato personale e quindi come una costruzione di un equilibrio progressivo, un equilibrio che al momento non è esistente, ma che d6vrà essere ricostruito come prodotto di questa riorganizzazione di significato, che vuol dire riorganizzazione di categorie emotive, di esperienze immediate di sè che sono critiche. Questo produrrà un tipo di equilibrio che non esiste ancora e che non è prevedibile per natura e qualità. Questo tipo di mutamento nella concezione del cambiamento comporta anche un mutamento nel modello terapeutico: non si pensa più che il pensiero possa cambiare le emozioni (lo slogan che dicevamo all'inizio: “così come pensi, così senti ", “se cambi il modo di pensare, cambi il modo di sentire", oggi viene ritenuto per lo meno dai post-razionalisti come facente parte della storia della psicologia). Sembra che le cose siano un pochino più complesse. Oggi potremmo dire : il pensiero cambia il pensiero e le emozioni cambiano le emozioni: cioè, i ritmi di cambiamento dei processi cognitivi in senso logico-verbale sono completamente diversi dai ritmi di cambiamento delle motivazioni emotive, delle esperienze immediate. Cambiare idea, cambiare teoria, cambiare la formulazione di un programma è questione di pochissimo tempo, basta aver capito il dato in più che mancava. Il cambiamento cognitivo propriamente detto è piuttosto rapido, flessibile e può essere anche un cambiamento a 180 gradi. Il cambiamento emotivo è molto diverso, le tonalità emotive sono molto più stabili, lunghe nel tempo; non seguono le leggi di combinazione e ricombinazione della logica formale, ma seguono leggi di differenziazione analogica, quindi cambiano più lentamente ed hanno una persistenza nel tempo. Abbiamo visto, ad esempio, che una persona può diventare in poco tempo da estremista di destra, estremista di sinistra: in lui il senso di sè, come esperienza immediata di sè che aveva, è cambiato molto poco, tant'è che non ha avuto neanche per un momento il senso di percezione di avere perso l'identità: pur effettuando un cambiamento a 180 gradi, ha avuto sempre questo senso di essere continuo a se stesso tanto che non ha avuto, come dire, quel senso di dispercezione d'identità che dà dei segni di produttività psicotica. Quindi è questo il punto: le emozioni cambiano molto più lentamente e apparentemente cambiano soltanto grazie a nuove tonalità emotive, che inserendosi in quello che è il pattern o il modello di esperienza immediata in corso, ne cambiano la configurazione; allora, se le emozioni cambiano le emozioni, il primo fattore di un processo terapeutico deve essere in grado di produrre emozioni che siano in grado di innescare un cambiamento delle emozioni critico-perturbate o disturbate. Si deve creare un setting in grado di fare questo. Generalmente, le maggiori sorgenti di emozioni che appartengono al setting terapeutico per innescare un cambiamento, appartengono a due categorie distinte che adesso vedremo con più dettagli.