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Psicoterapia cognitiva sistemico-processuale e ciclo di vita individuale
di Vittorio Guidano
si ringrazia il dott. G. Cutolo per la concessione del materiale
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Anche il rapporto terapista-paziente, che è una relazione reale come tutte le relazioni umane, viene sempre scandito, ritmato con quelli che chiamiamo giochi, nel senso di “games", di interazioni ricorrenti che specificano i rispettivi ruoli. Se un paziente sta facendo qualche cosa, diciamo così, "volutamente", non c'è possibilità di non accorgersene: se non ve ne accorgeste voi, ve ne fa accorgere lui, altrimenti gli avreste "spiazzato" il "game" che stava mettendo in atto.
Per resistenze intendo le difficoltà che il paziente trova improvvisamente, quando sembrava che avesse raggiunto un livello di comprensione di certi suoi meccanismi, di certe sue emozioni disturbanti di base, e di colpo queste sembrano riaffiorare; oppure problemi che possono a volte sembrare problemi di comprensione, ad esempio un paziente che è super-attento, super-intelligente, capacissimo di cogliere le cose e subito elaborarle, poi vedete che su una cosa per lui estremamente importante e in sè banale (rispetto alle capacità di elaborazione e di assimilazione che ha dimostrato fino ad oggi) su quel punto lì apparentemente è come se fosse di fronte ad una lingua straniera, non riesce assolutamente ad intravederla.
Generalmente il guaio è prendere questi atteggiamenti del paziente come voluti, come resistenze volute e magari su questo avviare un contenzioso, ("ma lei non vuole cambiare, come mai le riesce difficile capire questo aspetto dell'interazione con sua madre se ha capito cose molto più complesse, evidentemente lei non vuole cambiare"). Questo è dannoso, a mio avviso, è ancora l'aspetto di tipo persuasivo razionalista. Invece questa difficoltà del paziente a capire una cosa che si riteneva alla sua portata per quello che aveva fatto fino a quel momento, va attentamente studiata: come è fatta, cioè, l'impossibilità di accesso e di elaborazione del dato. Perché questo tipo di difficoltà, di resistenze, è l'espressione dei meccanismi autoreferenziali, cioè del modo con cui la persona mantiene ad oltranza il senso di sè connesso a quella autostima accettabile di sè. In altre parole ognuna di queste resistenze è semplicemente lo sperimentare, da parte del paziente, uno scollegamento fra la nuova comprensione che è intrigante, stimolante, e il senso di sè che ha in quel momento: non sa come si combineranno insieme. Quindi è questo che dovrebbe essere studiato da parte del terapista.
Ritornando al "processo terapeutico", come ho già detto, si procede su tre tappe: si parte dal problema del repertorio di vita attuale, poi lo stile affettivo della persona e infine la ricostruzione della storia di sviluppo.
L'intero procedimento è sempre fatto attraverso il metodo di autosservazione, è sempre questo lavorare costantemente su sequenze di scene tratte da eventi critici o significativi sia del presente che del passato prossimo o remoto, fino a che il terapista non diviene una specie di "moviolaro". Questo è proprio un lavoro in cui il terapista e il paziente è come se stessero sempre in camera di montaggio, sempre in "moviola", avanti e indietro a ricostruire, e il paziente viene sempre più addestrato in questo.