Home - Articoli sul Costruttivismo

Psicoterapia cognitiva sistemico-processuale e ciclo di vita individuale

di Vittorio Guidano
si ringrazia il dott. G. Cutolo per la concessione del materiale

pag. 27 di 28
Domanda: Vorrei chiedere una cosa. Io ho l'impressione che man mano che ci si addentra nel processo terapeutico, sfumano sempre più i confini tra le varie ottiche di intervento. Così anche nella sua formulazione, quando lei parlava di ristrutturazione emotiva e cognitiva, mi veniva da pensare alla "esperienza emozionale correttiva" di cui parlano gli psicoterapeuti psicodinamici... così la consapevolezza mi faceva venire alla mente la "presa di coscienza" e quando lei parlava della selettività con cui si deve esercitare la consapevolezza, di nuovo pensavo alle "psicoterapie brevi focali", in cui appunto il terapeuta, in questo caso psicodinamico, si orienta su settori ben precisi e sceglie di non interpretare, non favorire questa presa di coscienza al di la di limiti ben precisi. Io le chiedo una conferma o meno delle affinità, se ci sono, tra le varie prospettive, che mi sembra sfumino sempre più mano a mano che va avanti il processo terapeutico.
Guidano: Posso dire due cose: la prima è che l'esperienza umana è sempre la stessa, e quindi i vari terapisti, i vari orientamenti hanno questo in comune, si trovano a lavorare su uno stesso materiale. Quindi le teorie che possono elaborare per lavorare su questo materiale non sono tanto indicative del materiale in sé ,ma sono indicative del loro modo di vederlo: perciò sono differenti perché corrispondono a punti di vista differenti, ma hanno la somiglianza necessaria e concordata perché tutte sono teorie che devono lavorare su un materiale che è lo stesso per tutti. Se uno lavora con il legno e va a vedere tutti gli strumenti che gli esseri umani hanno elaborato per lavorare sul legno, noterà una straordinaria rassomiglianza, anche con le provenienze più diverse e con gli obiettivi più diversi. Ma queste somiglianze o differenze vanno viste non tanto in rapporto al materiale con cui si lavora, che è lo stesso, ma ricondotte all'osservatore che le sta interpretando: sono molto simili se le vediamo come materiale su cui lavorare, sono molto dissimili se le vediamo dal punto di vista da cui partono. Secondo me tra una "psicoterapia breve" e il discorso di usare un minimo di "induzione di consapevolezza" per produrre un cambiamento anche profondo, non c'è molta corrispondenza, cioè sono due cose completamente diverse anche se hanno delle somiglianze dovute al fatto che lavorano su uno stesso materiale. Voglio dire, il modo in cui si comporterebbe uno psicoterapeuta breve ad orientamento psicodinamico con un paziente fobico in questo tipo di lavoro, o come si comporterebbe un terapista di questo tipo, è completamente diverso. Ad esempio un terapista sistemico può lavorare con un paziente fobico anche per due anni. L'unica cosa cui sta attento ogni volta è produrre effetti sempre con un minimo di consapevolezza, senza mai debordare oltre, ma questo non è che è breve nel tempo, è un altro tipo di terapia. Un vecchio tema è il famoso" dilemma delle psicoterapie": tutti gli orientamenti psicoterapeutici si sforzano per differenziarsi tra loro e poi gli effetti terapeutici sono uguali per tutti. Voglio dire che tutte le terapie hanno poi quella incidenza del 60/70 % di remissione indipendentemente dal tipo di orientamento, quindi di nuovo troviamo questo andamento ad imbuto: se uno guarda i punti di vista sono diversissimi, se poi va a guardare il materiale su cui incidono, sono tutti identici: comportamentisti, analisti, cognitivisti fanno terapie diverse, ma l'effetto finale è lo stesso.
Domanda: Quindi si può pensare ad un "quid" nella psicoterapia in sé, senza aggettivi; questo fenomeno che accade nel contesto interpersonale durante il processo terapeutico, si traduce con delle teorie esplicative più o meno valide, ma che non riguardano l'atto che avviene... per cui il cambiamento può essere…. nonostante la teoria".
Guidano: Certo…il fatto che hanno tutti quanti gli stessi risultati, significa che poi ogni orientamento va ad impattare su uno stesso "nucleo di base" che è sostanzialmente il setting relazionale-emotivo: questo significa che se c'è una sintonizzazione tra terapista e paziente sullo stesso tipo di lunghezza d'onda, non importa il tipo di orientamento, si produce un tipo di sintonia che produce le emozioni necessarie per una riorganizzazione. Quello è il nucleo di base in comune per tutti. Le teorie non servono ai pazienti, le teorie servono ai terapisti. Il terapista deve avere in mente una teoria strutturata, deve avere una sua modalità strategica per "come" intervenire su quel nucleo di base... poi tutti quanti vanno ad intervenire su quello, ed è intervenire su quello che produce il risultato.